RILIEVO FOTOGRAMMETRICO: come generare un modello 3D dalle fotografie

RILIEVO FOTOGRAMMETRICO: come generare un modello 3D dalle fotografie

19 Febbraio 2020

Argomento: Fotogrammetria

(Lettura in 6 min)

Il rilievo fotogrammetrico, nonostante abbia circa un secolo di vita, è ancora oggi una tecnica di rilievo molto utilizzata con la quale si può ottenere una nuvola di punti disposti nello spazio tridimensionale, grazie anche allo sviluppo tecnologico e alla creazione di nuovi strumenti all’avanguardia.

Basandosi sul principio della visione stereoscopica, ovvero la visione di un oggetto da rappresentare da due diversi punti di vista, la fotogrammetria utilizza due prospettive centrali di un oggetto da due distinti centri di proiezione, per ricavare la posizione spaziale dell’oggetto stesso nello spazio tridimensionale.

Potremmo considerarla come una via di mezzo tra il rilievo diretto, per quanto riguarda la restituzione, ed il rilievo laser scanner 3D, per quanto riguarda la ripresa, che avviene in tempi abbastanza brevi e consente di stare a distanza dall’oggetto rilevato.

Più precisamente si parla di ottenere delle misure accurate delle caratteristiche geometriche di un oggetto attraverso l’impiego di dati ottenuti dall’allineamento di foto che lo ritraggono da posizioni differenti, scattate utilizzando una macchina fotografica e particolari tecniche di presa delle immagini .

 

Applicazioni

Nonostante sia una metodologia passata in secondo piano a favore di tecniche considerate più moderne come quella che utilizza i laser scanner 3D, rimane comunque molto utilizzata soprattutto a supporto di quest’ultima. Grazie alla loro combinazione è possibile ottenere la texturizzazione della nuvola di punti e quindi colorarla, durante la fase di elaborazione e registrazione delle nuvola di punti.

La tecnica della fotogrammetria, per quanto originariamente fosse nata per essere utilizzata nel rilievo architettonico, è attualmente utilizzata in massima parte per il rilevamento topografico del territorio, sviluppandosi principalmente nella forma della fotogrammetria aerea.

  • Fotogrammetria terrestre: questa metodologia viene identificata come close-range photogrammetry, infatti gli oggetti interessati risultano situati ad una distanza inferiore a 300m circa dalla camera da presa fotogrammetrica. È tipicamente utilizzata per i rilievi architettonici, e per l’acquisizione delle immagini dell’oggetto da documentare, vengono impiegate generalmente fotocamere speciali dette camere metriche anche se oggi grazie alla tecnologia è possibile impiegare quasi qualsiasi tipologia di fotocamera digitale.
 
  • Fotogrammetria aerea: si fonda sulla stesso principio della parziale sovrapposizione delle immagini fotografiche che è proprio della stereoscopia. La caratteristica di questa tecnica risulta essere la metodologia con la quale le fotografie sono effettuate; le camere vengono infatti montate su dispositivi aeromobili a pilotaggio remoto (APR o anche drone) e l’area in esame viene ripresa con sequenze di fotogrammi (chiamate strisciate o strip), scattati automaticamente a intervalli regolari. Per garantire una buona qualità del lavoro è importante mantenere la velocità di volo uniforme lungo traiettorie rettilinee ed a quota costante.  Questo garantisce numerosi vantaggi tra i quali:
    • possibilità di rilevare oggetti senza avere contatto fisico diretto con l’oggetto stesso
     
    • essendo un rilievo simultaneo di molti punti è possibile reperire una gran quantità di informazioni
     
    • le misure vengono eseguite a posteriori, in una fase successiva al rilievo e quindi possono essere ripetute, modificate, controllate.
     
    Inoltre, se paragonato al rilievo terrestre utilizzato in precedenza per topografia e cartografia ci saranno notevoli benefici tra cui:
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    • Per vaste aree e scale medio- piccole la produttività è maggiore
     
    • Velocità di acquisizione dei dati
     
    • La produttività maggiore porta a rendere più economica l’operazione
     
    • Uniformità di precisione

 

Dalle foto 2D al Modello 3D

Acquisite le immagini bidimensionali, si passa alla loro elaborazione che avviene in maniera automatica grazie a software dedicati, i quali genereranno i modelli tridimensionali.

Scattare correttamente le foto non è poi una operazione così semplice e tanto meno da sottovalutare. Conoscere dunque quali sono i passaggi dell’elaborazione permette di intervenire qualora si presentino delle problematiche durante la creazione del modello 3D.

L’elaborazione delle immagini avviene attraverso quattro fasi distinte:

  • Structure-from-motion (SfM): consiste in una tecnica di calcolo che permette di ricostruire la forma di oggetti attraverso la collimazione automatica di punti da un insieme di foto. Questa prima fase è forse la più importante di tutte. E’ il momento più delicato e lungo da un punto di vista di tempistiche di elaborazione software. Durante questa fase viene generata la nuvola di punti che grazie alle fotografie garantisce la ricostruzione geometrica dell’oggetto rilevato. La nuvola che ne deriva prende il nome dense point cloud, ossia il dato grezzo su cui si basano le elaborazioni successive.
 
  • Ricostruzione Mesh: basandosi sulla nuvola di punti appena generata nella fase SfM, viene successivamente ricostruita una superficie continua composta da poligoni i cui vertici sono i punti della nuvola.
 
  • UV texture map: questa fase serve per dare il colore alla Mesh, che di base non possiede l’attributo del colore. La mappatura UV consiste nell’assegnazione dei pixel della texture prodotta sui poligoni della mesh, eseguita solitamente copiando “fisicamente” una porzione triangolare dell’immagine e incollandola su un triangolo sulla superficie dell’oggetto.
 
  • Messa in scala: è l’ultima fase che conclude il processo di elaborazione delle immagini. I software non sono in grado di dedurre le dimensioni degli oggetti che compaiono nelle fotografie, perciò è necessario che il modello 3D debba essere messo in scala utilizzando almeno una distanza di riferimento per poter essere pronto e consegnato.